
Secondo la nuova relazione, realizzata assieme al Programma di sviluppo Onu, “molti rom continuano a essere oggetto di discriminazione ed esclusione sociale in tutta l’Unione europea. I risultati di queste indagini tracciano un quadro fosco”, ha sottolineato Kjaerum. “Dai risultati delle indagini emerge che un’azione tempestiva ed efficace è indispensabile, soprattutto per migliorare l’istruzione dei rom. Questo è un elemento cruciale per liberare il loro potenziale futuro e fornire ai giovani competenze tali da spezzare il circolo vizioso della discriminazione, dell’esclusione e della povertà”. La relazione si concentra su vari aspetti, fra cui i problemi legati a istruzione, lavoro, casa e diritto alla salute.
A riguardo, “soltanto il 15% dei giovani adulti rom intervistati ha completato il ciclo di istruzione secondaria superiore generale o professionale – ha aggiunto l’indagine dell’Agenzia europea -, mentre per la popolazione maggioritaria delle stesse zone si registra una percentuale superiore al 70%”. Inoltre mediamente “meno del 30% dei rom ha un’occupazione retribuita; il 45% circa vive in abitazioni in cui manca almeno uno dei seguenti elementi: cucina, servizi sanitari, doccia o vasca interni, elettricità”. Ma non è tutto: “Il 40% dei rom intervistati vive in una famiglia in cui una persona è andata a dormire affamata almeno una volta nel corso dell’ultimo mese a causa della mancanza di denaro necessario per l’acquisto di generi alimentari”.
Alla luce di questi dati, dunque, per Livia Jaroka, eurodeputata ungherese di origine rom, non ci sono alternative: “È ora di passare dai progetti sulla carta ad azioni concrete, volte ad aiutare i rom in Europa. Si tratta di un impegno necessario per favorire l’inclusione delle popolazioni rom, che continuano a vivere ai margini della società”. Per questo, l’invito di Jaroka ad usare al meglio i fondi comunitari (ad esempio il Fondo sociale europeo). La deputata ha indicato, infine, la “situazione grave nella ex Yugoslavia”, dove i rom sono numerosi. “Dovrebbero investire in chiave di inclusione i fondi Ue di preadesione”.
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